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Dante e Jung, Widmann: Per entrambi i simboli danno senso alla vita

A febbraio un convegno promosso dall'Icsat per rileggere la Divina Commedia in chiave psicologica

“Cogliere e sviluppare lo spirito simbolico della Divina Commedia”. È l’obiettivo primario del convegno ‘Dante e Jung: una relazione a distanza’, promosso dall’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training) e in programma il 26 e 27 febbraio 2021 al Palacongressi di Ravenna. A spiegarlo è il coordinatore scientifico Claudio Widmann, psicoanalista e autore del libro ‘La Commedia di Dante come percorso di vita’, in via di pubblicazione dalla casa editrice Magi.

Il livello di lettura simbolico viene evocato dallo stesso Dante il quale, ricorda Widmann, “ha scritto ripetutamente ed espressamente che le sue opere, come tante altre, vanno lette a più livelli: quello letterale, quello poetico e soprattutto il livello allegorico. Noi oggi tradurremo il livello allegorico in simbolico. Attualmente l’urgenza è quella di leggere la Commedia in chiave simbolica, che è un’affermazione facilmente condivisibile, ma la questione vera è quale chiave simbolica. Perché- prosegue lo psicoanalista- quando noi leggiamo che la selva oscura è il simbolo del peccato, anche questa è una chiave simbolica. Oggi- tuttavia- questa non è la lettura più condivisa, frequente e ampia. Si sta invece prospettando una chiave di lettura simbolica di tipo psicologico”.

Il convegno si inserisce nelle celebrazioni per il settecentenario della morte del Sommo poeta. Una tradizione, quella delle celebrazioni dei centenari, che “non è antica come si può pensare. Il primo centenario della morte di Dante- ricorda l’esperto- si è celebrato abbastanza in sordina a Roma nel 1821. È stato grandioso, invece, il centenario della nascita di Dante, celebrato a Firenze nel 1865 che da poco era diventata capitale del Regno d’Italia (spostata da Torino)”.

Nel corso della storia, prosegue il coordinatore scientifico del convegno, i centenari “hanno avuto la caratteristica di siglare una linea di tendenza o addirittura di imprimere delle linee di tendenza nello studio della dantistica e nell’approccio all’opera di Dante. E se nel 1821 era urgente il bisogno di arrivare a definire il testo della Commedia, a noi sembra quasi scontato ma in realtà un vero testo della Divina Commedia non lo possediamo, oggi l’urgenza è di tutt’altro tipo ed è quella- appunto- di cogliere e sviluppare lo spirito simbolico della Commedia”.

È proprio “il simbolo” uno degli elementi che accomunano Dante e Jung. “Entrambi- sottolinea Widmann- sono dei grandi sostenitori e dei convinti frequentatori della via simbolica. Dante evidenzia l’importanza di leggere le sue, come altre opere, sul piano simbolico. Jung fa altrettanto e- ricorda l’analista- dice che soltanto quando un’esperienza è simbolica noi abbiamo una vera e propria percezione del senso di quello che stiamo facendo e vivendo”. A questo proposito, l’esperto chiarisce che “quando una cosa non è più simbolica, ad esempio quando la croce non ci dice più niente o quando mangiare un pezzo di pane azzimo non è più mangiare il corpo di un Dio, noi abbiamo bisogno di cercare in qualcos’altro il senso di ciò che stiamo vivendo”. C’è di più: “Dante e Jung non solo sono convinti dal punto di vista letterario e teorico dell’esistenza del simbolo, ma credono fortemente nell’importanza di vivere simbolicamente, di condurre una vita che sia un inanellarsi di esperienze simboliche che danno senso al nostro stare al mondo”.

La ricerca e il riconoscimento di una lettura simbolica in chiave psicologica della Divina Commedia, perseguite dal convegno, sono dovute, in un’epoca in cui “globalmente crediamo sempre meno alle autorità”, alla mancanza “di un’autorità che dica qual è il contenuto simbolico della selva oscura. Ci sono molte letture simboliche. Quello che questo convegno porta avanti- aggiunge Widmann- è la dignità di una lettura simbolica che prenda a riferimento il quadro teorico della psicologia. Cioè una lettura simbolica attraverso la quale leggere nella Divina Commedia contenuti delle vicende psichiche dell’uomo a cominciare da quello enorme, rappresentato magnificamente da Dante, di un percorso che l’autore chiama anagogico, di elevazione. Quello che Jung e la psicologia analitica chiamano un percorso di individuazione”.

Suddiviso in tre sessioni, il convegno si aprirà con l’intervento di Murray Stein intitolato ‘An individuation journey through realms of shadow to the mystery of transformation’ e si chiuderà con la relazione di Claudio Widmann dedicata al ‘Centesimo canto: il canto del Sé’. Una suddivisione in tre parti che non vuole, tuttavia, richiamare le tre cantiche della Commedia: “In realtà- spiega il coordinatore scientifico dell’evento- la Divina Commedia, come tutti i linguaggi altamente simbolici, è tale che non si presta ad essere coartata dentro la scansione di tre sessioni, molto dense ma sicuramente inadeguate a sviluppare tutto lo spessore simbolico dell’opera. Di certo- prosegue- anche se siamo ancora a un primo programma, quindi passibile di qualche variazione, si parte con una relazione di un grande neurologo che coglie tracce di narcolessia nelle descrizioni di Dante, quindi di stati di inconscietà”. La due giorni “si conclude col centesimo canto, non solo perché è l’ultimo canto- chiarisce Widmann- ma soprattutto perché il centesimo canto è la descrizione poetica di quello che a parole, nei nostri libri di psicologia, non sappiamo descrivere se non in maniera molto povera, che è proprio- conclude- il concetto del Sé”.